Ugo Cerletti e la spoletta a scoppio differito

Riproponiamo un bel articolo scritto da Walter Musizza e Giovanni De Donà  comparso sul Corriere delle Alpi, a riguardo dell’ invenzione di Ugo Cerletti.

 

Quella spoletta nata ad Auronzo

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Certo sorprende constatare che un medico possa essere inventore di morte, ma la Grande Guerra, tra tanti orrori, ebbe pure questa ineffabile capacità di mutare uomini e professioni.
E proprio questa fu la singolare avventura umana di Ugo Cerletti, nato a Conegliano nel 1877. Egli, prima di divenire famoso neuropsichiatra e legare il suo nome alla scoperta dell’elettroshock, fu volontario in una compagnia di Alpini, sempre attento ad ogni accorgimento atto a migliorare l’efficienza degli uomini e dei mezzi al fronte, tanto da essere noto anche come colui che fece adottare per la prima volta in Trentino la tuta mimetica ai soldati sulla neve.
Suo è un interessante memoriale, pubblicato postumo a Venezia nel 1977 (‘Scoppio differito, storia di una spoletta”, oggi ripubblicato da Gaspari di Udine con il titolo ‘Scoppio programmato”) in cui narra le proprie paradossali esperienze militari nel 1915-18, nelle quali il Cadore, e in particolare Auronzo hanno un peso e una rilevanza notevolissimi.
In circa 150 pagine, intense e spesso commoventi, questo medico imprestato all’esercito racconta come proprio in val Marzon e a Misurina, lavorando nell’ospedaletto da campo numero 42 e osservando nei prati e fra le rocce molte granate austriache di ogni calibro rimaste inesplose, si fosse chiesto come realizzare spolette a scoppio differito, in grado cioè di portare il terrore sul fronte e nelle retrovie nemiche deflagrando anche molto tempo dopo l’impatto col terreno.
Fu qui, sotto le Tre Cime, nelle lunghe ore di ozio invernale, che egli cominciò a ipotizzare i vari impieghi dei nuovi proiettili e soprattutto le possibilità di costruirli. In effetti realizzare un congegno ad orologeria, in grado di far scattare dopo 10 minuti o dopo più ore il percussore sulla capsula di accensione era un problema tutt’altro che semplice. Gli strappi causati dallo sparo e più ancora dal cozzo contro il bersaglio mettevano subito fuori gioco ogni ipotetico meccanismo.
Da buon medico egli pensò allora a sostanze organiche, per esempio a sostanze cornee da sciogliere in bromo, e poi all’ittiocolla e alla colla cervione, alla colloidina, usata per conservare i cervelli, tanto che si fece spedire ad Auronzo dalla Sicilia aculei di istrice per alcuni esperimenti.
Ecco allora che il tenente Cerletti cercò per tutta Auronzo i ‘crochets” per maglia, fatti appunto di celluloide, affine alla colloidina, al fine di portare avanti i suoi esperimenti, anche con vari incidenti di percorso, come per esempio un inopinato scoppio di stufa.
Poi si andò orientando sulla nitrocellulosa come ritegno di un percussore armato, essendo questa robustissima da secca ma facilmente solubile in acetone. Con questo sistema si poteva lanciare la granata sul nemico e aspettare che la nitrocellulosa venisse sciolta a poco a poco dall’acetone: quando ciò avveniva, il percussore, liberato, poteva scattare, costituendo la base prima di una spoletta a scoppio differito.
Dopo aver costruito alcuni prototipi in Cadore, il 24 gennaio 1917, Cerletti partiva in treno alla volta di Roma per affrontare l’esame dei severi ispettori dell’artiglieria e cominciava per lui un durissimo periodo, fatto di incomprensioni, ripicche e gelosie varie, in un ambiente ostile e malizioso. Poté comunque portare avanti i suoi esperimenti e giovarsi di laboratori sofisticati, perfezionando il meccanismo, in particolare per ciò che riguardava gli apparati di sicurezza.
Quando però la preparazione della spoletta era a buon punto intervenne il cedimento di Caporetto e il proliferare della ‘spagnola” che mise fuori gioco per molti giorni il nostro inventore. Le prime 100.000 spolette (definite ‘a corrosione mod. 46″) partirono finalmente in ottobre da Piacenza alla volta del fronte sul Piave, affidate al Generale Falcone. Erano i giorni spasmodici in cui si attendeva, di ora in ora, di lanciare l’attacco decisivo, rimandato solo per le piogge torrenziali in corso e per la piena del Piave. Fatto sta che in quelle ore convulse non si ebbe modo di utilizzare le nuove spolette e la guerra presto fini. Cerletti non riusci ad avere nemmeno la soddisfazione di un riconoscimento e fini col dedicarsi ben presto alle ricerche neurobiologiche, fino a divenire noto in tutto il mondo per l’invenzione dell’elettroshock, applicato per la prima volta all’uomo nel 1938.
Oggi questa terapia è molto criticata, ma allora si arrivò perfino a proporre Cerletti per il premio Nobel. Non ebbe questo onore il nostro medico geniale e, con agra ironia, si potrebbe dire che per due volte la fama non lo investi nemmeno a scoppio ritardato.
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Oplogia, origine e significati

Chi, incuriosito dalla parola Oplologìa,per conoscerne il significato decidesse di consultare un vocabolario, difficilmente riuscirebbe ad appagare la propria curiosità. Troverebbe opliti (dal greco οπλον, armatura), nome dei soldati greci di fanteria, armati alla pesante: con scudo, elmo, corazza, e schinieri per la difesa, lancia e spada corta a doppio taglio per l’offesa.220px-greek_hoplite

Ci sono fondamentalmente due versioni del termine Oplologia, derivate dalla recente diffusione del termine con modalità indipendenti in differenti angoli del globo.

Per l’ambito anglosassone la parola oplologia (hoplology) deriva dalla parola oplita (il guerriero greco armato pesantemente: ὁπλίτης, hoplitēs) ed è stata coniata da sir Richard Burton nel diciannovesimo secolo. Successivamente la parola si è affermata negli ‘60 del ventesimo secolo prendendo la forma di un vero e proprio campo di studio accademico sotto la guida di Donald mab_4_1Frederick Draeger, ufficiale nei Marine degli Stati Uniti, esperto praticante di arti marziali asiatiche e autore di numerosi libri dedicati allo studio delle arti marziali orientali (kenjutsu, jujustsu ecc…) e dei loro praticanti. Nella definizione data negli anni ‘70 l’oplologia è la scienza che studia i metodi di combattimento a tutti i livelli: basi, schemi, significato sociale ecc… Il fulcro dello studio oplologico non è quindi tanto nello studio delle armi, quanto in quello delle tecniche per usarle. L’oplologia col tempo è andata a integrarsi come necessario completamento di altre materie: antropologia, storia militare, psicologia applicata al combattimento… Attualmente l’Università del Kansas possiede uno dei principali dipartimenti dedicati agli studi oplologici degli Stati Uniti. TFR29D.gif

65x47drv In Italia la parola oplologia venne utilizzata ufficialmente nel ventesimo secolo per indicare lo studio delle armi e delle armature, più che gli stili di combattimento. La parola italiana infatti non deriva tanto da oplita (guerriero) quanto da hoplon (ὅπλον, l’armatura del fante greco, che per esteso indica anche l’intero corredo di armi che più correttamente andrebbe indicata come panoplia). Come spesso accade nei linguaggi tecnico-scientifici, si risponde alla necessità di esprimere nuovi concetti o denominare nuovi enti, creando neologismi tratti per derivazione o composizione da vocaboli già esistenti, anche se appartenenti ad altra lingua. Così gli appassionati per definire l’oggetto della loro passione hanno fuso le parole greche οπλον e λογοσ.

  • “Oplon” (οπλον) significa letteralmente “armatura”, ma più in generale è riferibile al corredo di armi dell’oplita. Altri termini, facenti parte a tutti gli effetti della nostra lingua, ricordano, con la loro radice, l’antico fante pesantemente armato: con oplocarìdei si indica un superordine di crostacei; oplitòdromi erano chiamati quegli atleti che eseguivano una corsa in pieno assetto di guerra, percorrendo due o quattro volte lo stadio; mentre con oplomachìa ci si riferisce ad un’antica gara greca corrispondente all’incirca alla moderna scherma.
  • Il “logos” (λογοσ)(dal greco légein: scegliere, enumerare, raccontare) ha fondamentalmente il senso di “calcolo” o “discorso”, similmente al latino ratio, oratio. Nella storia della lingua greca ha successivamente assunto svariate valenze quali: relazione, proporzione, misura, spiegazione, definizione, ragionamento, pensiero. In essenza, quindi, l’oplologo è colui che argomenta intorno alle armi (ma anche agli argomenti ad esse collaterali), con il fare certamente rigoroso e scientifico che l’etimologia gli prescrive, ma senza rinunciare a quel coinvolgimento emotivo (oplofilia) che le forti passioni solamente sanno dare.

Si definisce oplologia lo studio delle armi e/o della tecnica dell’uso delle armi e/o delle armature. In linea di massima, per estensione, quando, si parla di oplologìa, ci si riferisce alle diverse aree del mondo storico militare.