Quando a fine di giugno il Gen. Cadorna rilevò che la continuazione della nostra controffensiva sugli Altipiani si sarebbe risolta in un inutile logorio delle nostre forze, dispose che gran parte delle Unità raccolte nella pianura vicentina riprendessero alla spicciolata la via dell’Isonzo e nel contempo preavvisò la Scuola di Susegana di allestire rapidamente il maggiore numero di batterie di bombarde da 240 per dirigerle a tempo debito nella zona della 3ª Armata.
Per l’offensiva da svolgersi dal Sabotino al mare il Comando Supremo aveva assegnato alla 3ª Armata 76 batterie di bombarde, così ripartite: 40 batterie al VI Corpo d’Armata; 20 al XI; 7 al XIII e 9 al VII: un complesso di 768 armi dei calibri da 50 A, da 58 A, da 58 B e da 240.
Di tutta la massa di bombarde preventivata per l’offensiva, nella zona della 3ª Armata si trovavano però soltanto 39 batterie: occorrevano quindi oltre 37 batterie che il Comando Supremo richiese a talune grandi Unità, e cioè:
6 batterie. da 240 alla 5 Armata
Tot. 6 batterie.
al XXVI C. d’Arm. 10 batterie. da 240 11 batterie. da 58 Tot. 21 batterie.
al XXIV C. d’Arm. 3 batterie, da 240 7 batterie. da 58 Tot. 10 batterie.
Totali 19 batterie, da 240 18 batterie. da 58 Tot. 37 batterie.
Il movimento delle predette unità verso l’Isonzo, iniziato il 27 luglio, ebbe termine il 5 agosto.
Qui di seguito sarà riassunta la parte svolta dai bombardieri, e, più particolarmente, dai Comandanti di Raggruppamento e di Gruppo, e dai personali delle batterie che si trovavano già schierate lungo il fronte della 3 Armata.
Fin dalla prima decade di luglio, all’insaputa del nemico lungo il basso Isonzo erano stati ripresi attivamente i lavori di postazione per le nuove batterie assegnate, ed i bombardieri già schierati sulle linee dell’Armata svolsero una magnifica attività preparando piazzuole, osservatorii, riservette per bombe, linee di comunicazione ecc.
Tale periodo fu caratterizzato da due fasi ben distinte:
- nella prima fase, per una parte fu eseguito lo studio dell’organizzazione difensiva austriaca, con particolare riferimento al numero, alla natura ed al carattere delle difese passive, di quelle attive e del loro eventuale armamento; d’altro lato venne studiato e concretato il piano dei lavori da eseguirsi in relazione allo schieramento dei differenti calibri da impiegare nella seconda fase.
Furono attuati i lavori delle postazioni il trasporto delle munizioni per preparare in tempo i depositi
di bombe assegnate alle singole postazioni, e la messa in efficienza delle batterie nuove arrivate.
La prima fase, delicata e laboriosa, fu di competenza dei Comandanti di Raggruppamento, coadiuvati dai Comandanti di Gruppo: essa ebbe per oggetto una serie di ricognizioni eseguite per lo studio particolareggiato delle linee nemiche per il riconoscimento degli obbiettivi, e per la determinazione delle zone da assegnarsi a ciascun Gruppo.
- I lavori della seconda fase, come sarà detto in seguito, interessarono in modo essenziale gli ufficiali ed il personale di truppa che vi furono addetti: naturalmente in questo periodo conclusivo gli studi e le investigazioni sulle posizioni nemiche non cessarono.
Il tratto di fronte austriaco che interessò gli studi, le ricognizioni e l’attuazione dei lavori dei bombardieri nell’offensiva dell’agosto 1916 comprendeva la testa di ponte di Gorizia e la zona Carsica periferica.
La testa di ponte di Gorizia era compresa nella regione situata sulla destra dell’Isonzo, fra il Sabotino e il terreno ad ovest di S. Andrea, ed era formata da due pilastri:
il Monte Sabotino a nord e il Monte Podgora a sud, raccordati da una cortina collinosa sviluppantesi fra la testata di Val Peumica e il Grafenberg. Era difesa dal XVI Corpo d’Armata austro-ungarico.
Fronteggiava le linee austriache il VI Corpo d’Armata italiano, schierato dal Monte Sabotino alla piana di Lucinico (Villa Fausta), le cui Divisioni di prima schiera risultavano allineate nel seguente ordine di successione:
45° Divisione: nella zona del Sabotino, da quota 507 fino al torrente Peumica (Casa Abete);
24° Divisione: a sud della precedente, a cavallo dell’abitato di S. Floriano, dal torrente Peumica (escluso) fino a quota 121, a occidente di Peuma;
- Divisione: nella zona di Grafenberg, da quota 121 a quota 240 del Podgora:
12ª Divisione: nella zona del Podgora, da quota 240 a Villa Fausta sull’Isonzo;
In seconda schiera il Corpo d’Armata disponeva delle Divisioni 43° e 47°.
La zona periferica Carsica comprendeva una fascia profonda circa 10 chilometri; si distendeva dal Vipacco al mare, ed era difesa dal VII Corpo d’Armata austro-ungarico.
Di fronte a detta zona si allineavano 3 Corpi d’Armata italiani nell’ordine seguente:
XI Corpo d’Armata: dallo sfociamento del Vipacco nell’Isonzo alla linea Castelvecchio-Castelnuovo. Era composto di 2 Divisioni: la 22ª a nord e la 21ª a sud, che si saldavano al parallelo Gradisca-Sdrausina-Bosco Ferro di Cavallo;
XIII Corpo d’Armata: comprendeva 2 Reggimenti di fanteria distesi fra Castelnuovo e Polazzo, nonché la 31 Divisione che raggiungeva la linea Soleschiano-Sei Busi;
VII Corpo d’Armata: era schierato nel settore da M. Sei Bust al mare, e comprendeva: ln 16 Divisione distesa da M. Sei Bust a quota 61(nord di Monfalcone); e la 14ª Divisione che prolungava la linea
da quota 61 (esclusa) al mare.
La Riserva d’Armata era costituita dai Corpi d’Armata VIII e XXVI.
In merito all’impiego delle bombarde nella imminente offensiva, il Comando del VI Corpo d’Armata, in data 27 luglio, aveva emanato le seguenti disposizioni:
I Comandanti di Divisione fisseranno in modo preciso ed assoluto al Comandanti di raggruppamento i tratti nei quali deve essere prodotto il varco nelle difese nemiche; detti Comandanti stabiliranno poi quali batterie debbano concorrere all’apertura di ogni singolo varco, e quindi preciseranno sul terreno
alla loro volta ai Gruppi ed alle batterie i limiti entro i quali deve essere aperto il varco.
Insisto su questo punto perchè sia a tutti ben noto che non ammetterò alcun equivoco al riguardo.
Il munizionamento delle bombarde da 240 sarà di 60 a 70 colpi per bombarda.
Data la cadenza di 8 colpi all’ora per bombarda, ha quindi il munizionamento per 8 ore di fuoco.
Il munizionamento delle bombarde da 58 sarà di 70 a 90 colpi per arma.
Occorrerà prefissare per le batterie da 210 gli altri obbiettivi che debbono essere battuti una volta ottenuta l’apertura dei varchi, tenendo presente la poca precisione di tali bocche da fuoco e la vasta azione delle bombarde.
Le batterie di bombarde leggere e pesanti, appena avvenuta l’irruzione delle fanterie debbono senza esitazione essere spinte avanti per guarnire nuove posizioni.
Nella prima decade di luglio, dai Comandanti di Raggruppamento e di Gruppo bombarde schierati sul fronte della 3 Armata era stata iniziata una serie di ricognizioni intese ad approfondire la conoscenza dell’organizzazione difensiva austriaca, a valutarne la capacità di resistenza ed a scoprire i mezzi reattivi onde avere tutti gli elementi necessari per concretare lo schieramento delle bombarde, per assegnare i calibri meglio adatti agli obiettivi da distruggere, e per definire i lavori delle postazioni da preparare.
Dopo la prima metà di luglio gli studi fatti sulla organizzazione della testa di ponte di Gorizia e lungo la zona periferica carsica furono riassunti in Memorie sintetiche
Ecco alcuni dati relativi all’organizzazione difensiva della testa di ponte di Gorizia e della regione periferica Carsica:
«i trinceramenti scavati a protezione di Gorizia, e che costituivano la testa di ponte, seguivano uno sviluppo lineare partendo dalla sponda destra dell’Isonzo – sotto quota 572 del Sabotino – distendendosi fino all’altezza dell’abitato di S. Andrea, I capisaldi della difesa comprendevano: la regione del Sabotino alto e basso; la regione di Oslavia, compresa fra quota 188 a sud di Madonnina, e quota 121 la regione di Peuma a cavallo al Vallone dell’Acqua, partente da quota 121 fino al caposaldo di quota 157 (Grafenberg); la regione del Podgora e del Calvarlo, alla quale si allacciava la parte pianeggiante prospicente all’abitato di Lucinico.
Il tratto di trincea austriaca scavato lungo le pendici orientali del Sabotino, raggiunta la quota 572 – il Dentino – scavalcava la cresta e seguiva la direzione nord-est sud-ovest; dopo formato un saliente a quota 299, di fronte alla posizione di Massi Rocciosi, assumeva direzione meridiana fino a C. Abete.
La linea aveva carattere di continuità ed era preceduta da un ordine di Cavalli di Frisia. La quota 572 era stata rafforzata da un muro a secco dietro il quale si notavano elementi di gallerie e di caverne. Il complesso veniva denominato «Fortino Alto ».
Anche il saliente di quota 299 era stato rafforzato con muretti a secco, e la posizione era denominata «Fortino basso ». Dal Fortino Alto partiva un camminamento in funzione di linea di arroccamento, e andava a collegarsi al Siepone, camminamento mascherato che lambiva le pendici del M. Sabotino e si prolungava fino a Villa Vasi. Detto camminamento nel suo percorso aveva tre rami che andavano a raccordarsi alla trincea di prima linea, a quote differenti:
il primo ramo era denominato Camminamento Alto, e si inseriva nella trincea avanzata a quota 475; il secondo ramo si inseriva nella linea a quota 450, ed era detto Camminamento medio, mentre poi il terzo ramo, chiamato Camminamento basso, sboccava nella linea avanzata a quota 400. Postazioni per lanciabombe e per armi automatiche erano state preparate in abbondanza, ed i rifornimenti sul Sabotino venivano effettuati mediante teleferiche che dal Fortino Alto erano distese lungo le pendici orientali del monte, arrestandosi sulla sponda destra dell’Isonzo.
La linea di difesa sopradescritta era fronteggiata dalle truppe della 45ª Divisione italiana.
Dopo C. Abete la trincea austriaca proseguiva con andamento meridiano fino a raggiungere la quota 188 di Oslavia, formando intorno ad essa un vero caposaldo difensivo; poscia seguiva le pendici del terreno collinoso passando per quota 133 fino a quota 121. Molte caverne, postazioni e bocche di gallerie si notavano nella regione di quota 188, ed i Cavalli di Frisia che precedevano la trincea si presentavano assai solidi. Ad oriente di tale linea gli austriaci avevano rafforzata l’altura del Dosso di Bosniaco, dal quale partiva una trincea alta, parallela a quella bassa, alla quale andava poi a raccordarsi a sud di quota 121, Numerose postazioni per lanciabombe, per armi automatiche e aperture di caverne venivano rilevate. Fronteggiavano questo tratto di linea austriaca le truppe della 24ª Divisione italiana.
Dopo quota 121 la linea trincerata austriaca ridiventava semplice, sempre preceduta da solidi reticolati; e, dopo aver segnato un sensibile rientrante a cavallo al Vallone dell’Acqua, raggiungeva quota 157 (Cava), allargandosi poscia verso occidente in un ampio saliente attorno all’abitato di Grafenberg, e terminando con il caposaldo del Naso del Podgora. L’estremità del saliente del Grafenberg era denominata il Fortino, in ragione dei lavori che vi erano stati fatti: si notavano postazioni per armi automatiche e per lanciabombe, e molte aperture di gallerie e di caverne.
Tutta questa zona prendeva nome dal centro abitato di Peuma, che gli austriaci difesero valorosamente opponendo resistenze che venivano favorite dal terreno, cosparso di elementi di sorpresa. A rendere difficoltosa l’avanzata in tale Settore, sul fondo del Vallone dell’Acqua I Cavalli di Frisia erano stati
ammassati in abbondanza.
Fronteggiava questo settore l’11 Divisione italiana.
Completava la testa di ponte di Gorizia il sistema difensivo che dal Naso del Podgora, per Cappella Diruta e quota 186, raggiungeva la linea ferroviaria Gorizia-Cormons; dopo di che un triplice ordine di trinceramenti a sud della ferrovia, fra questa e la sponda destra dell’Insozo, formava un saliente a ventaglio assai robusto.
A partire da Casa Diruta la linea difensiva diventava doppia fino alla linea ferroviaria; la posizione del Castello del Podgora era stata potentemente organizzata, il trinceramento alto comprendeva molte postazioni per lanciabombe e per bombarde di medio e di grosso calibro.
Nella zona periferica Carsica il margine occidentale dell’altopiano aveva per cintura avanzata una trincea a tratto continuo partente dalla sponda sinistra del Vipacco fino a S. Giovanni di Duino. Il trinceramento era protetto sul davanti da tratti di Cavalli di Frisia alternati da siepi di reticolati di ferro spinato. Di fronte a Peteàno, per una lunghezza di circa 500 metri, lungo il Costone Viola, era stata scavata una seconda trincea; l’altura di Boschini era protetta da elementi staccati, e, qualche chilometro più ad oriente, a partire dalla sponda sinistra del Vipacco, si staccava un’altra linea rafforzata entro la quale restavano circuite le quattro Cime del S. Michele.
Anche davanti a S. Martino del Carso la linea marginale era stata rafforzata da un duplice ordine di trincee; a sud di S. Martino si staccava una linea continua di trinceramenti che per Marcottini-Doberdò passava a occidente del M. Dèbeli, ai piedi del quale tale linea andava ad innestarsi alla linea marginale.
La linea marginale presentava importanti rientranti, fra cui quello di S. Martino del Carso, protetto da trincea profonda, preceduta da una siepe di reticolato di ferro e da un duplice ordine di Cavalli di Frisia. Lungo questo tratto di linea erano state rilevate molte postazioni per armi automatiche, per lanciabombe e per cannoncini. Da Vermegliano a quota 61, ad est di S. Polo, la linea non presentava alcunché di particolare, ma nel tratto successivo, invece, sulle pendici del M. Cosich, si rilevavano postazioni per lanciabombe e per artiglierie leggere, Caratteristiche complesse si rilevavano anche
nel tratto compreso tra i piedi del Debeli e la ferrovia Gorizia-Trieste. Era questo uno dei Settori più sensibili del fronte nemico: postazioni per artiglierie di medio e grosso calibro, per armi automatiche e per lanciabombe erano state preparate con larghezza di previsioni: notizie raccolte da prigionieri
di guerra concordavano nell’affermare che ad Oriente dell’Hermada, scaglionate fino alla Punta di Duino, erano schierate numerose artiglierie per la difesa della Regione di Lisert. I dati contenuti nello specchio allegato completano le notizie raccolte.
Man mano che i ricoveri per le munizioni acquistavano consistenza e capacità per allogarvi le bombe, se ne iniziò il trasporto sulle linee, effettuandolo di notte. Ogni sera, quindi, ad ora prefissata, l’arrivo delle munizioni dove condizioni di strada e di distanza dalla linea nemica permettevano ai veicoli di spingersi fino alle riservette – era reso noto dal pulsare dei motori degli autocarri. Quando le linee dei combattenti erano troppo ravvicinate, e quando mancò ogni possibilità di far avanzare gli autocarri verso le postazioni, i veicoli furono arrestati a distanza, e il trasporto delle bombe dovette essere effettuato a spalla d’uomo.
Il trasporto delle bombe da 58 non presentava difficoltà:
ogni bombardiere se ne caricava una sulle spalle, e la fila dei portatori si snodava silenziosa sotto la vigilanza di ufficiali e di graduati; il trasporto delle bombe da 240 richiese, invece, sempre particolari modalità a causa del loro peso. Per ognuna di tali bombe occorreva l’opera di due portatori; i quali, muniti di un bastone e di corda formata a laccio, sospendevano la bomba al bastone le cui estremità venivano ad appoggiarsi sulle spalle dei portatori. Quando le condizioni atmosferiche si man-
tenevano buone, il movimento riuscì abbastanza spedito, se pure gravoso; ma talvolta al caldo soffocante del giorno seguirono serate buie tormentate da improvvise precipitazioni atmosferiche; ed in tal caso violenti acquazzoni, flagellando il viso ed il corpo dei portatori, resero il movimento penoso ed estenuante. Fra la mota che appesantiva le scarpe, ed i rigagnoli di acqua che inzuppavano vestiti e biancheria penetrando per il collo, la forza e la buona volontà dei bravi e forti bombardieri furono messe a dura prova. La terra e il grasso delle bombe impastate dall’acqua e dal sudore abbondante, si trasformavano in una sostanza appiccicaticcia che alterava le sembianze umane, accelerando il consumo del vestiario ed il logoramento delle energie fisiche dei soldati.
Non mancarono neppure le notti in cui alla benignità delle condizioni atmosferiche fecero da contrapposto improvvise e violente reazioni austriache. Talvolta le misure prudenziali per sfuggire alla vigilanza nemica non furono sufficienti a scongiurare sorprese, e ciò perché qualche involontaria imprudenza telefonica aveva concorso a provocarla. Allora in mezzo all’oscurità, rotta dai lampi prodotti dallo scoppio di proietti, non mancarono episodi drammatici che avrebbero potuto avere sviluppi imprevisti. Invece il senso della disciplina e dello spirito di Corpo, e l’autorevole parola dell’ufficiale presente fecero risolvere in motti sarcastici qualche minaccia incombente; e anche quando si verificarono perdite negli uomini, dal sacrificio del compagno caduto ogni bombardiere trasse incitamento a raddoppiare i propri sforzi e a desiderare prossimo il giorno della prova per ripagare il nemico del sangue fatto versare, così come dimostrarono sempre di saperlo fare i bombardieri.
Questa vita tormentosa e sfibrante si protrasse intensamente per una ventina di giorni: costruzione di osservatori, preparazione di linee di collegamento, armamento delle postazioni formarono il complesso delle attività conclusive alla preparazione della grande battaglia.
Un movimento intenso caratterizzò le prime giornate di agosto; il caldo soffocante di quei giorni, anziché appesantire il ritmo del lavoro e renderlo più lento, parve invece accrescere
la forza e la volontà di ufficiali e di gregari. Sulle postazioni delle bombarde, al pari di quanto si sentiva lungo le linee dei fanti, si attendeva con impazienza il giorno della prova, e tutti erano animati da una fede sicura nella vittoria alla quale avrebbe in larga misura contribuito il fuoco della nuova e potente artiglieria da trincea.
L’attacco che il Comandante della 3° Armata intendeva portare contro le linee austriache dal Sabotino al mare doveva essere sferrato il mattino del 6 agosto con due azioni simultanee con un’azione secondaria. Le due azioni principali, dovevano essere dirette: una contro il Sabotino e l’altra contro il Podgora; l’azione secondaria avrebbe dovuto svolgersi contro la cortina che raccorda i due capisaldi ora detti.
Volendo operare di sorpresa, era stato disposto che:
- a) nella mattinata del 4 agosto truppe del VII Corpo d’Armata attaccassero le linee austriache ad oriente di Monfalcone, proseguendo poi l’azione per tutta la giornata successiva;
- b) il mattino del 6 agosto, contemporaneamente all’inizio dell’offensiva contro la testa di ponte di Gorizia, I’XI Corpo d’Armata attaccasse le linee del S. Michele per richiamare su di sè il massimo delle forze
nemiche;
- c) nella stessa giornata l’artigliere del XIII Corpo d’Armata svolgessero intensa azione di fuoco a vantaggio dei due Corpi d’Armata laterali.
Per rendere più agevole la riuscita dell’offensiva, il Comando Supremo dispose inoltre che nella giornata del 6 agosto le artiglierie del II e del IV Corpo sviluppassero una vigorosa azione di fuoco collo scopo d’ingannare l’avversario sul vero punto di attacco e renderlo incerto nello spostamento delle riserve.
Per quanto ha tratto con l’impiego delle bombarde, appena terminate le ricognizioni sul dispositivo nemico, i Comandanti di raggruppamento e di gruppo furono convenuti presso i rispettivi Comandi di Divisione di fanteria per studiare e definire lo schieramento da far assumere ai reparti bombardieri. L’ordine di battaglia assunto dai bombardieri la sera del 5 agosto viene riportato dallo specchio che segue.
La determinazione degli obbiettivi lungo il fronte da attaccare dalle truppe del VI Corpo fu concretata dividendo tutto il Settore in nove zone d’irruzione attraverso le quali dovevano poi passare le ondate di attacco. Dette Zone furono ripartite fra le Divisioni dipendenti.
Alla 45 Divisione furono assegnate le seguenti:
I Zona: sul versante del Sabotino verso l’Isonzo,
II Zona: alto Sabotino,
III Zona: medio Sabotino.
Nella I Zona d’irruzione per l’apertura del varchi avrebbe dovuto agire una Compagnia, servendosi di tubi esplosivi, essendo stato escluso per questa Zona l’impiego di bombarde, Il mattino del 6 il col.. Badoglio, che comandava la colonna d’attacco di sinistra, chiese ed ottenne l’autorizzazione di non iniziare subito l’azione.
Nella II Zona il varco da aprirsi doveva avere un’ampiezza di circa 200 metri, e rimanere compreso fra il camminamento alto ed il camminamento medio del Sabotino; l’apertura doveva avere origine ad una decina di metri a monte del camminamento alto.
Nella III Zona il varco doveva essere aperto a monte del Fortino Basso, e cioè dal valloncello intermedio alle due Zone (incluso) fino a quota 310 inclusa, per una estensione di 200 metri circa: operato un tale varco si doveva tendere ad allargarlo.
All’apertura del varco nella II Zona fu destinato il XXII Gruppo bombarde composto dalle batterie 31 ª e 111 ª da 240, e 32 ª da 58 A, le quali presero posizione, nell’ordine di successione trascritto, ad occidente di quota 513, e precisamente tra detta quota e quota 325.
L’azione di distruzione degli ostacoli e dell’apertura dei varchi nella III Zona venne affidata alle batterie del X Gruppo, schierate fra quote 325, 254 e 239, nel seguente ordine: 45 ª batteria da 240; 33 ª, 59 ª e 85 ª da 58 A; e 34 ª da 58 B.
Nel Settore di attacco della 24 Divisione erano comprese le Zone IV e V (quota 188 e quota 165, rispettivamente a nordest ed a sud-est dell’abitato di Oslavia), che furono assegnate rispettivamente all’XI ed al XII Gruppo bombarde. Le batterie dell’XI Gruppo (67 ª da 240; 36 ª, 76 ª e 93 ª da 58 A; e 37 ª da 58 B) si schierarono tra Val Peumica, La Madonnina, il Lenzuolo Bianco e quota 115: il compito ad esse affidato consisteva nel l’aprire un varco di circa 150 metri di estensione nelle difese di quota 188.
Le batterie del XII Gruppo (77 ª e 82 ª da 240; 39 ª e 100 ª da 58A; e 40 ª da 58 B) furono schierate lungo il Vallone dell’Acqua, tra quota 115 e quota 112. Col loro fuoco si dovevano sfondare le difese a ovest di Oslavia ed aprire la via all’ondata diretta su Peuma, e successivamente all’Isonzo.
Nel Settore di attacco dell’11ª Divisione erano comprese le Zone d’irruzione VI e VII (Peuma-quota 160-Vallone dell’Acqua-Grafenberg-quota 157-Fortino-quota 206). Le due Zone si saldavano a cavallo al Vallone dell’Acqua e per ciò gli austriaci avevano provveduto a difendere tale punto di sutura collocando due ordini di Cavalli di Frisia preceduti da una siepe di filo spinato. Obbiettivi essenziali: il saliente a occidente di Peuma e la linea difensiva tra quota 157 e 206 del Grafenberg.
Alla distruzione delle difese del saliente di Peuma fu destinato il VII Gruppo, che schierò le proprie batterie da quota 122 (a nord del Vallone dell’Acqua) alla testata del Valloncello Groina, nell’ordine di successione seguente:
9ª batteria da 58 A:
2 ª da 50 A; 23 ª e 112 ª da 240.
Alla distruzione della linea del Grafenberg fu destinato il XXVIII Gruppo, le cui batterie (117 ª da 58 A; 47 ª e 78 ª da 240; 22 ª e 74ª da 58 A; 21 ª da 58 B, e 4ª da 58 A) furono schierate dal valloncello Groina fino a quota 200, di fronte al Naso del Fortino.
Nel Settore di attacco della 12 Divisione erano comprese le Zone d’incursione VIII (quota 240 del M. Podgora) e IX (quota 184 del M. Calvario e il Castello del Podgora). La Divisione disponeva di 2 Gruppi bombarde: il I e il XXV. Le batterie del I Gruppo (107 ª e 71 ª da 240; 108 ª da 58 A; 1 ª e 3 ª da 58 A; e 97 ª da 58 A) assunsero uno schieramento a scaglioni fra quota 206 quota 85; quelle del XXV Gruppo (7 ª, 106 ª e 104 ª da 240; 99 ª e 110 ª da 58 A) furono schierate ad arco di cerchio, da quota 85 fino alla sponda destra dell’Isonzo, di fronte all’abitato di S. Andrea. Le batterie da 240 risultarono a nord della linea ferroviaria Cormons-Gorizia, quelle di piccolo calibro furono postate a est di Lucinico, a sud della linea ferrata. Obbiettivi essenziali dovevano essere: Cappella Diruta; Castello di Podgora e Naso di Prevano Lucinico.
Contro la linea marginale carsica i Gruppi di bombarde assunsero il seguente schieramento:
XI Corpo d’Armata:
– la 22ª Divisione aveva per obbiettivi il Costone Viola Alto e le quattro Cime del S. Michele (che gli austriaci avevano solidamente organizzati a difesa).
Essa disponeva di 2 Gruppi di bombarde: II IV ed il VI (complessivamente 13 batterie), che furono schierati partendo dalla parte sud della linea ferroviaria Rubbia-Sagrado fino alla regione di Bosco Ferro di Cavallo. L’ordine di successione, cominciando da nord, risultò il seguente:
per le batterie del IV Gruppo:13 ª e 12 ª da 240; 12ª da 58 A; 2 ª e 122 ª da 58 B; 5 ª da 58 A e 115 ª da 58 A;
seguivano le batterie del VI Gruppo nell’ordine: 20 ª da 240; 19 ª da 58 A: 18 ª da 58 B; 73 ª da 58 A; 113 ª da 240; e 114 ª da 58 A.
Il tratto di linea austriaca fronteggiato dalla nostra 21ª Divisione si presentava piuttosto complesso di fronte a S. Martino del Carso e nel saliente che si protendeva verso il Bosco Cappuccio: da detta località fino a quota 144 la linea trincerata non offriva grandi difficoltà. La Divisione disponeva del II Gruppo bombarde, le cui batterie assunsero il seguente schieramento, disponendosi a scaglioni: 1/2 della 46 ª batteria da 240: 70 ª e 72 ª da 58 A: 7 ª e 121 ª da 58 B; altra ½ della 46 ª batteria da 240: da 58 A: 110 ª da 58 A.
Gli obbiettivi delle bombarde dovevano essere i trinceramenti che circuivano S. Martino, il cimitero omonimo e il tratto di linea trincerata estendentesi a cavallo al parallelo passante per Castelnuovo.
XIII Corpo d’Armata: il tratto di fronte austriaco fronteggiato dal XIII Corpo era stato diviso in Settore di sinistra ed in Settore della 31ª Divisione:
– il Settore di sinistra aveva limitato sviluppo, ed il Comando di esso disponeva del XIV Gruppo bombarde (batterie 16 ª e 17 ª da 58 A, e 87 ª da 58 B), il quale la sera del 2 agosto aveva ricevuto 6 bombarde da 240, che furono ripartite fra le Batterie 16 ª e 17 ª. Siccome la 87 ª batteria, d’ordine superiore fu tenuta in riserva a Saliceto (e non partecipò alla battaglia del 6 agosto), lo schieramento del XIV Gruppo alla sera del 5 risultò il seguente: 3 armi da 240 nella dolina Piras; 4 armi da 58 A nella dolina Berardi, e altre 4 armi da 58 A nella dolina Frasche; 3 armi da 240 furono postate nella dolina Aceti; 4 armi da 58 A nella dolina Saechi; e altre 4 armi da 58 A furono allogate nella dolina Lanciabombe.
Obbiettivi assegnati al Gruppo: trincee Nuove Celle; trincee dei Morti; ridottino dei Morti; saliente di quota 164; e la trincea Nuove Frasche.
Il Settore della 31 Divisione, compreso fra la strada Polazzo-Marcottini e il parallelo M. Sei Busi-Doberdò, disponeva del V Gruppo bombarde, composto delle batterie 15ª da 58 A, 14 ª, 95 ª e 142 ª da 58 B: obbiettivi: i trinceramenti antistanti alle nostre posizioni.
VII Corpo d’Armata:
– il fronte di schieramento era ripartito fra le Divisioni 16ª a nord e 14ª a sud. Ciascuna Divisione disponeva di 1 Gruppo: il VIII Gruppo alla 16ª Divisione composto delle batterie 25 ª e 26 ª da 58 A e 27ª da 58 B; il XXXV Gruppo alla 14ª Divisione, composto delle batterie: 24ª e 38² da 240, 10ª, 58, 69 ª e 120 ª da 58 B. Obbiettivo dell’VIII Gruppo il tratto di linea nemica di fronte a Ronchi: obbiettivo del XXXV Gruppo le pendici del M. Dèbeli, le quote 121 e 85 fino a Mandria seconda.