Pillole da Bombardieri 8° Puntata” I Bombardieri alla conquista di Gorizia 1916”— seconda parte

Alle 7 circa, un coro potente di migliaia di bocche da fuoco, intonato, dopo una notte di quasi assoluto silenzio, rende più impressionante lo spaventoso frastuono che riempie di ululati tutta la regione dal Sabotino al mare.

I lampi balenano a centinaia quasi simultaneamente; nuvole biancastre fumigano lungo chilometri di trinceramenti dietro i cui cigli sono appiattate le bombarde.

Si scorgono le bombe ascendere quasi a fatica il primo ramo della loro traiettoria, diventare al vertice di essa grossi punti neri sospesi nel vuoto, e poi precipitare rapidamente sulle linee austriache e sparire fra cumuli di sassi e di terra come inghiottite da una voragine fumante.

Dopo pochi istanti schianti violenti si sommano al rombo assordante delle artiglierie mentre dense colonne di rottami, fra bagliori rossastri, salgono al cielo. La terra sembra in preda a una violenta eruzione tellurica. Osservando il tiro delle bombarde da qualche centinaio di metri dietro il fronte del loro schieramento, si può abbracciare con lo sguardo un ampio settore della battaglia il ritmico volo delle bombe appare come un lancio di volatili effettuato da inesauribili colombaie collocate dalle pendici occidentali del Sabotino alla piana di Lucinico. E per ciò lo spettacolo, nella sua imponente ordinanza, riesce di una suggestività severa ed impressionante.

Le siepi dei reticolati austriaci, investite dagli scoppî delle bombe, si squarciano, si contorcono e si aggrovigliano, si fondono e sono abbattute: la bufera del fuoco scompiglia, riaccumula e disperde i materiali frantumati: in mezzo alla ridda delle esplosioni una diabolica opera distruttrice tormenta la terra. È lo schianto, è la fine di ogni cosa, è la morte inesorabile che, pari a implacabile valanga, colpisce e annienta ogni forma di vita. Dagli osservatori più avanzati già si rilevano forti soluzioni di continuità attraverso i reticolati austriaci: è

Verso le 8.30 tutta l’artiglieria austriaca comincia a rea-gire con ritmo sempre crescente; e mentre il tiro delle sue bocche da fuoco pesanti risulta in un primo tempo alquanto disperso e disordinato, viceversa i piccoli calibri hanno preso a frugare rabbiosamente il terreno, e verso le 9, le posizioni occupate dalle nostre bombarde diventano il bersaglio preferito di centinaia di bocche da fuoco avversarie di tutti i calibri: e il duello diventa serrato.

Proietti di grosso calibro, bombe incendiarie, salve di shrapnels austriaci sferzano con ostinazione le linee sulle quali combattono i bombardieri; qualche postazione è presa in pieno, travolgendo fra le macerie uomini e materiali; tentativi di incendi sono presto affrontati e soffocati; qualche bombarda scoppia, facendo vittime fra il personale che le sta attorno.

Intanto anche qualche osservatorio di gruppo e di batteria comincia ad essere colpito, seppellendo sotto le rovine Comandanti e gregari.

Colpito è l’osservatorio del Comando del 12° Raggruppamento a quota 192 del Sabotino. Il comandante, col. Scarano, ferito mortalmente, nella mattinata del giorno successivo soccombe in un ospedaletto da campo.

Si tratterà del più alto ufficiale caduto del corpo dei Bombardieri[1]

Visioni tragiche si susseguono con impressionante rapidità; ma la fierezza e lo slancio dei bombardieri non rallentano, anzi l’ardore li aumenta. « Bomba!» è la voce che chiama chi è incaricato di caricare la bombarda. Due bombardieri, madidi di sudore, anneriti dalla polvere della terra sollevata da ogni colpo sparato, con le labbra arse dal caldo della battaglia, si appressano alla bocca della bombarda e le cacciano in gola un bolide alato di oltre 80 kg, al quale viene immediatamente avvitata la spoletta. Rettificato il puntamento in direzione ed in elevazione, il capo-pezzo ripete con voce concitata il comando… pezzo!… foc!…

L’atmosfera, già satura di vapori che rendono difficile la respirazione, invasa da un muggito cupo e lacerante, vibra con violenza, sollevando nuvole di terra smossa. Partito il colpo, senza preoccupazione di quello che avviene intorno, la squadra si prodiga in numerose operazioni che preludono al colpo successivo.


[1] https://www.viviwebtv.it/articolo/pillole-di-storia-cento-anni-fa-i-funerali-dell-eroico-colonnello-scarano-a-lui-e-intitolata-una-delle-principali-vie-della-nostra-citta_91082

Ma la tragedia continua; la morte falcia senza pietà; attorno a qualche bombarda rimane soltanto il capo-pezzo, che non si perde d’animo e continua da solo a disimpegnare le funzioni dei suoi bombardieri colpiti, coadiuvato spesso dal Comandante di Sezione per non rallentare la cadenza del fuoco altrove, feriti leggeri ricusano di recarsi al prossimo posto di medicazione per farsi curare

Intanto i fanti, soggiacendo alla suggestione dell’imponente spettacolo, anziché starsene al riparo in attesa che anche per essi giunga l’ora dell’assalto, non spaventano le schegge che miagolano in tutte le direzioni fermi dietro il ciglio della trincea, osservano commossi il quadro memorando, e già corrono collo sguardo all’itinerario che fra non molto dovranno percorrere sotto l’arco delle nostre amiche traiettorie per raggiungere al più presto le posizioni nemiche.

Verso le ore 12 il tiro delle bombarde conserva la sua cadenza serrata; poi va diminuendo fino a cessare del tutto.

Tra le 12 e le 12.30 si ha mezz’ora di sosta: la prima fase distruttiva è terminata; bisogna ora accertare gli effetti del fuoco sugli obbiettivi assegnati; ma l’aria si mantiene ancora opaca e bisogna che trascorra qualche minuto. Ogni Comando di Gruppo bombardieri fa frattanto uscire il suo ufficiale esploratore per la verifica dei varchi e quindi riferire. Quindi si calcano l’elmetto sulla testa e seguiti da uno o due gregari esploratori, si uniscono all’ufficiale di fanteria del Battaglione, che dovrà fra breve affrontare le difese avversarie.

Non curanti della grandine di colpi con cui il nemico continua a martellare il terreno antistante alle proprie linee, essi si dirigono verso i reticolati austriaci per rilevare da vicino gli effetti del fuoco di distruzione. L’avanzata è fatta con tutti gli accorgimenti per sfuggire alle offese.

Intanto il tiro delle artiglierie e delle bombarde viene ripreso dalle 12.30 alle 14; poi si ha una seconda pausa, e si ripetono quindi le ricognizioni per accertare lo stato delle difese nemiche.

Lungo il fronte sul quale hanno agito i Gruppi XXII e X viene accertata l’apertura di due ampi varchi: uno fra il Dentino ed il Camminamento alto, l’altro all’altezza del valloncello presso il Fortino basso: la linea nemica risulta interamente sconvolta, i reticolati rasi al suolo.

Nel Settore di Oslavia il terreno ed i reticolati risultano completamente scompigliati; in qualche tratto però i grovigli di fili di ferro ed i picchetti di sostegno si sono ammucchiati così da presentare qualche difficoltà ad una rapida avanzata delle fanterie.

Davanti alle trincee del Grafenberg i varchi risultano interamente aperti, mentre contro le difese del Peuma occorrerà ancora lavorare con le bombarde. Nella regione del Calvario le difese nemiche appaiono sufficientemente abbattute: sul Calvario e sul Podgora gli effetti del fuoco sono stati buoni; però necessita completare l’opera di distruzione per agevolare l’avanzata della fanteria; e poiché lo scatto delle fanterie è stato fissato per le ore 16, così rimane ancora circa un’ora e mezza di fuoco con cui si spera di aumentare la distruzione delle linee austriache.

Intanto prigionieri austriaci, scampati miracolosamente alla morte si presentano sul fronte del Calvario in uno stato di abbrutimento e di completo ebetismo. Con gesti, con frasi incomprensibili dai più, si sforzano di esprimere lo sgomento prodotto dal bombardamento italiano nelle linee austriache.

Sul fronte del Sabotino però, con un anticipo di 20 minuti, nuclei di fanti scavalcano il parapetto delle proprie trincee e iniziano la corsa verso gli obbiettivi designati. Le prime ondate della 45° Divisione in 40 minuti raggiungono la quota 609 del Sabotino con uno slancio che Gabriele d’Annunzio sintetizzò:

Fu come l’ala che non lascia impronte Il primo grido aveva già preso il monte.

Le bombarde da 240, nei limiti consentiti, allungano il tiro; ma poi debbono sospenderlo quasi subito per non colpire le nostre fanterie: le bombarde di piccolo calibro si preparano a seguire la fanteria.

Ondate di fanti, investono le linee antistanti straripando, senza che il fuoco dell’artiglieria della difesa riesca ad arginarli.

Scende il crepuscolo della prima giornata, e la lotta lungo la linea Peuma-Oslavia-Grafenberg diminuisce d’intensità.

Nella notte alcune batterie di bombarde di piccolo calibro si portano innanzi con poche munizioni, sollecitandone il rifornimento.

Non meno aspra né meno ricca di emozionanti episodi è stata la battaglia svoltasi sul fronte Carsico.

Infatti il mattino del 7, gli ungheresi muovono alla riscossa e contrattaccano vigorosamente, sostenuti nel modo più valido da tutta l’artiglieria rimasta disponibile, che durante la notte si è aumentata di alcune batterie fatte accorrere da altri Settori.

La lotta si riaccende quindi ostinata su quasi l’intero fronte d’attacco: una serie di violenti contrattacchi sono sferrati per la riconquista del Sabotino e di Oslavia: la quota 188 di Oslavia è definitivamente conquistata verso le ore 8. Lotte aspre si svolgono attorno e nel villaggio di Grafenberg: trattasi di azioni svoltesi a raggio assai ristretto in cui i bombardieri non possono più portare un contributo di fuoco con le bombarde; ma, presenti e vicini, concorrono a tener alto lo spirito delle fanterie, alle quali spesso si uniscono combattendo essi pure da fanti.

Anche nei giorni successivi, mentre i Comandi predispongono per l’affluenza di rinforzi sui tratti di fronte sui quali il nemico tenta ancora resistere, una imponente massa di uomini e di materiali nostri si lancia e si installa sulle posizioni avanzate nemiche per affermare la conquista delle quattro Cime del S. Michele, per rafforzare le linee dell’Altopiano di Doberdò abbandonate dagli austriaci, e per oltrepassare l’abitato di Gorizia occupando la zona ad oriente della città.

Quando nella giornata del 17 agosto la battaglia va smorzandosi, quasi tutte le batterie di bombarde, che hanno partecipato alla lotta di questi dodici giorni, si sono proiettate sulle linee avanzate delle fanterie ed li attivamente attendono al loro rapido riordinamento ed al rafforzamento delle nuove posizioni: la complessa rete delle comunicazioni è già stata distesa; il movimento febbrile del rifornimento è in piena attività; sulle nuove linee raggiunte, fanti, artiglieri e bombardieri vanno rimettendosi in potenza per poter affrontare la prossima prova.

La 6ª battaglia dell’Isonzo costituì per i bombardieri un battesimo dal punto di vista dell’ampio impiego di batterie coordinate a sopporto diretto e vicino alla fanteria, nella battaglia in cui combatterono 320 ufficiali e circa 5.400 soldati si ebbero 28 ufficiali morti e 52 feriti, 114 bombardieri morti e 482 feriti.

In linea vennero portate 180 bombarde 38 Ansaldo da 50, 98 da 56 A e B e 44 da 240, vennero sparate 35.000 bombarde.

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